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Strumentalizzare nell’era dei social, o Apologia della Carne

28 domenica Lug 2019

Posted by sognocrudele in autunno, critica, dabbenaggini, futuro, la vecchia regola, Luigi Pellini, nanetti, nemici, odio, passato, passioni, politica, riflessioni, riflessioni a perdere, ritratti a parole, scrittura, sogni a perdere, sognocrudele

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carne, controllo, faceboock, idee, instagram, media, migranti, omicidi, persone, politica, radicalizzare, reificare, selfie, società, strumentalizzazione, voi

Non siete che carne.

La politica vi guarda e non vede nient’altro che questo, carne.
I vostri corpi, i vostri errori, i vostri fallimenti, i vostri peccati, i vostri successi, le vostre morti, le vostre colpe, i vostri volti, le vostre tragedie e i trionfi, il vostro amore, e l’odio, la paura, il vostro cuore, ma anche le viscere, e le idee, l’integrità, il senso del dovere, la professionalità, e i vostri cadaveri ancora caldi, e le vostre mani sporche di sangue,

carne
carne
carne

carne da lavorare con i denti e rigettare in bocca ad altra carne, che siete sempre voi. Già masticata e ammorbidita con la bile.

E se un tempo c’era il distacco dei potenti, quella distanza incolmabile tra il popolo e il palazzo fatta di linguaggi incomprensibili, di formalità e burocrazia, di etichette, di prevaricazioni edificate all’ombra delle ideologie, di misteri e fango dello Stato, come vanno le cose adesso che i politici camminano tra voi? Che vi accarezzano i capelli come la falce fa con il grano maturo?
Adesso che le piazze sono piene di questi Re Mida della carne, che trasformano tutto in pasto, in una danza di zanne che arpionano ogni singolo aspetto delle vostre vite per trascinarle in un mattatoio a cielo aperto
non ne avete abbastanza?
Non vi fa schifo far parte di tutto questo?
Non vi fa orrore guardare una vita spezzata e vedere carne?
Non è disumano osservare l’altro, scuoiato di ogni esistenza, e vedere solo carne?
Non è mostruoso reificare ideologie, religioni, sentimenti, buon senso, ricordi, intimità, sesso, gusti, scelte, vita, in un ammasso di carne?

Perché questo fanno, prendono tutto di voi, tutto quello che è vostro, comprese le idee giuste e quelle sbagliate, i fallimenti, la rabbia, la pace, la guerra, la misericordia, le discriminazioni, la luce, il fango, e ne fanno carne.

Persone annegate in mare? Carne.
Omicidio? Carne.
Il colore della vostra pelle? Carne.
La persona che amate? Carne.
La famiglia? Carne.
La malattia? Carne.
L’amore? Carne.
I vostri adorabili animali domestici? Carne.
Il vostro futuro? Carne.
I vostri figli? Carne.
La giustizia? Carne.
L’ultimo selfie su instagram? Carne.
Il vostro silenzio? Carne… carne… carne…

L.

————————————————————————————————-

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Nel nome della sete

06 sabato Apr 2013

Posted by sognocrudele in amici, critica televisiva, dabbenaggini, illustrazioni, malinconia, nanetti, nemici, odio, passato, passioni, politica, riflessioni, riflessioni a perdere, scrittura, sogni a perdere, sognocrudele

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Tag

annoiato, nausea, noia, politica, politici, presidente della repubblica, sete, sognocrudele, televisione, tempo perso, tv

Bere mi mette sete.

Non posso farci niente. E’ fastidioso. Cerco di non pensarci, mi concentro sulle rondini che sono morte a primavera, sugli anni ’80 che vengono seppelliti ad anni alterni, sulla malinconia che è stata ingiustamente declassata a sorella minore della tristezza, su Jess Franco che è morto per sempre e che adesso se la spassa nel paradiso delle vampire lesbiche, sul povero Roy Scheider a cui serviva veramente una barca più grossa; ma tutto questo non basta, così faccio ricorso alla medicina catodica, rincaro la dose e mi sintonizzo sulle infinite ore di chiacchiere sulla politica e il destino del Paese che saturano l’etere, ingollando il mio televisore fino a farlo sembrare una zecca gonfia e pulsante ricolma di sangue (e di intestino del Paese).
Lo so, lo so, dovrei prendere un fucile a pompa e sparargli, ma se poi finisce come nella mosca e questo bastardo mi vomita sulle mani e mi lascia due orrendi moncherini? Utili per grattarsi il culo, ma se devi chiedere un passaggio come fai? Meglio adottare l’altra tecnica, quando tu fissi un insetto, lui fissa in te (e non si muove).

Molti considerano la telecamera come un occhio, sembra quasi una cosa pulita, silenziosa, distaccata, chirurgica. Invece la telecamera è una bocca, una bocca fatta ad imbuto da tritacarne che divora tutto, sempre, senza sosta, e non è distaccata e pulita, ma morde, attacca, mastica, inquina. E la Tv non è altro che il suo stomaco, il luogo dove avvengono le digestioni, dove si sprigionano i gas, dove tutto diventa un bolo destinato alla dissoluzione, parcellizzato in una pornografia cellulare che non lascia più nulla al mistero. Chi sarà il nuovo presidente della repubblica? Ma chi se ne fotte, non ditemelo, non voglio saperlo. Mettetegli un cappuccio in testa e tra sette anni svelate l’arcano, scartatelo come si scarta un regalo e vedremo se è stato uno di quelli azzeccati o uno da riciclare alla Grecia. Ma come fanno le persone a non averne abbastanza? Della televisione, della politica, della politica in televisione che si moltiplica come un virus?
Poi, prendo il mio bicchiere di vino e alla prima sorsata mi ricordo che bere mi mette sete, cazzo, aveva ragione Roy Scheider, ci serve uno Stivale più grosso.

L.

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Finestesie

04 lunedì Feb 2013

Posted by sognocrudele in amici, critica, dabbenaggini, filosofia, futuro, illustrazioni, la vecchia regola, malinconia, nanetti, nemici, odio, passato, passioni, politica, riflessioni, riflessioni a perdere, ritratti a parole, satira, scrittura, sogni, sogni a perdere, sognocrudele

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Tag

ciarlare, ciarlatani, cieca, fine, fine di un amore, finestesia, infinito, politica, promesse elettorali, senza fine, titoli di coda

Fine. Spesso è la sottile linea che divide il tutto dal niente.

Fine, è anche quella che ti aspetti dopo i titoli di coda di un film, le quattro parole che in fondo al libro che hai letto ti dicono che per quella storia è finito l’inchiostro.

Fine, una persona, un oggetto raffinato, e ancora una volta si torna alla linea, che per l’eleganza è tutto.

Fine, che se è brutta di sicuro qualcuno te l’ha augurata, ma anche se ti ha auspicato di farne una bella, di certo non ne sarai contento.

Fine, che se giustifica i mezzi è sempre un maschio con una spiccata simpatia per le bassezze.

Fine, che anche escatolata per bene spesso è un calendario fatto da un Maya negligente e pigro che non ha voglia di iniziarne un altro.

Fine, come dire sottile, ma essere sottile non garantisce per nulla essere anche fine.

Fine, come la fine di un amore, che è una porta che si chiude da una stanza per aprirsi in un’altra, da un tutto ad un altro tutto, oppure da un niente ad un niente ancora più profondo.

Fine, quella che tutti vorremmo vedere dopo una lunga sofferenza. A volte come quella di un tunnel, altre, la fine e basta.

Fine, che se è in, infine, è uguale alla fine ma arriva solo dopo una lunga chiacchierata.

Fine, che quando è quella del mondo allora è tutto un abbracciarsi e rincorrersi nella comunione, ma se è quella di un reprobo qualunque è avvolta in un sudario di indifferenza, come una stella che si spegne di giorno.

Fine, la fine della giovinezza, che sembra non arrivare mai, e poi un giorno la schiena ti dice che il giorno del mai è adesso.

Fine, come quelle bugie che recitano, questa volta è la fine, e invece ce ne sono ancora due.

Fine, che se è senza, allora è cieca, poiché non vede mai la fine. Ma di infinito c’è solo la stupidità, e questo è sotto gli occhi di tutti, perché sono riprese le infinite campagne elettorali e le promesse stregate che ci vogliono come avidi gnomi affamati d’oro e di noi stessi, a cui vorrei dire; finitela con queste stronzate.

Mi ero ripromesso di essere fine, ma la finezza è sempre una questione di linea, e se è la linea è sottile allora anche la volgarità può essere

. Fine

L.

 

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Principessini tricolore

10 lunedì Set 2012

Posted by sognocrudele in amici, comunicazioni, critica, dabbenaggini, futuro, illustrazioni, la vecchia regola, nanetti, nemici, odio, passato, passioni, politica, riflessioni, riflessioni a perdere, ritratti a parole, satira, scrittura, sogni a perdere, sognocrudele, Uncategorized

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Tag

italia, L., luna, politica, principessi, principessini, satira, stivale

Dicono che è il Paese dei furbi, una Nazione basata sulla furbocrazia, dove il vincente è il bastardo che si accorda con il macellaio per avere i pezzi migliori, delle code per molti ma non per tutti, delle strette di mano, degli amici che ti fanno un prezzo speciale ma che ti stanno fottendo alla grande, il Paese dei campanili, degli interessi personali, delle cose pubbliche ad uso privato. Agli occhi dello stereotipo siamo piccoli, ricurvi su noi stessi, costantemente avvolti in un alone cospiratorio, intenti a confabulare gli uni con gli altri per la pianificazione della prossima messinculo.
Ladri.
Imbroglioni.
Affabulatori.
Vero? Falso? Forse solo una porzione di realtà. Il lato più sporgente, quello spigoloso che colpisce sempre il nervo della bestemmia, la macchia di unto sulla camicia, il palestrato con la svastica sulla fronte.
Un fascia che ci evidenzia, ma che assolutamente non ci descrive. Degli Italiani si può dire tutto, tranne che siano furbi.
Lo dimostrano gli ultimi seicento anni di storia, lo dimostra quello che abbiamo permesso alla politica.
Anche delle volpi dicono che siano furbe, eppure io le trovo schiacciate sulla strada esattamente come i meno astuti rospi.

L’Italiano è un Principessino, una Principessina, abituato ad attendere con le natiche sul davanzale l’arrivo di un salvatore, addormentato scomodamente sul pisello (il suo o quello di qualcun altro, poco importa) in attesa di essere svegliato. E più di ogni altra cosa, ora che lo scacchiere della politica si è rimesso in moto, risvegliando gli appetiti delle fiere, scaldando i cuscini sui quali i califfi sono abituati ad oziare, che tutti noi necessitiamo di una svegliata, anzi, necessitiamo di svegliarci, per conto nostro, senza essere in debito con nessuno, senza affidarci all’uomo della provvidenza, al Princip(io)e azzurro.

Inquadrata dall’alto l’Italia somiglia ad uno stivale, perché sempre nelle favole restiamo, invischiati nell’indolenza come Cenerentoli in cerca di fortuna. Dovremmo rivoltare il mondo, cambiare tutto, rimodellare ogni cosa, anche il territorio, anche lo stivale, rifarlo a forma di cazzo, che si fa strada come un trapano implacabile nel culo del mondo.

(Visto dalla luna, tutto avrebbe un altro senso)

L.

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